E ti frega.

A un passaggio a livello
lontano dal mondo
un giorno d’agosto assolato
un capostazione annoiato
vide a un finestrino
di un accelerato
una signora bruna
e più non lavorò
passava le serate
a guardare la luna
e i treni si scontravano
ma lui non li sentiva
prima o poi l’amore arriva

C’era un bancario
così serio, così serio
che non rideva mai fuori orario
ma un giorno allo sportello
arrivò un giovanotto
indubbiamente bello
aveva un assegno da un milione
della Banca Popolare
e disse sorridendo
“me lo puoi cambiare?”
e lui cambiò l’assegno e la sua vita intera
quella stessa sera
rubò la cassa e scappò via
via con lui a Bahia
e la gente parlava
ma chi la sentiva
e ballavano insieme
una samba giuliva
prima o poi l’amore arriva

C’era un politico
ladro e indifferente
non voleva bene a niente
neanche agli amici democristiani
neanche ai bambini
neanche a Fanfani
solo un pochino
lui si eccitava
se Nuccio Fava lo intervistava
ma a una seduta
molto affollata
vide una splendida deputata
le disse “amore
dimmi di sì”
e lei “non posso
son del Pci”
e perse la testa
e come un ossesso
urlava “amore non è
un problema
c’è il compromesso”
e Fanfani strillava
ma nessuno sentiva
e nel transatlantico
un sussurro saliva
e Andreotti dichiarò
alla stampa sportiva:
prima o poi l’amore arriva

C’era un bagnino
che non sapeva nuotare
ma era raccomandato
da uno zio piessì deputato
stava lì sulla spiaggia
di Gabicce Mare
a pensare, a pensare
perché neanche la rana
riusciva a imparare
ma una bella tedesca
dai capelli biondi
urlò “aiuto annego
entro trenta secondi”
e lui come un cefalo
si tuffò nel mare
perché in amore bisogna
saper galleggiare
la riportò a riva
e lei aprì gli occhi
e disse “mio eroe,
mio tritone, son viva”
e la spiaggia in coro:
prima o poi l’amore arriva

E c’era un barbone
senza abitazione
aveva solo la televisione
mangiava le ghiande
come i maiali
però teneva novanta canali
ma una notte d’inverno
che nevicava
e Corrado in pelliccia
da Gstaad presentava
sentì che di freddo
e di stenti e di affanni
era ormai arrivato
alla fine dei programmi
ed ecco la vide
rosa e felice
e sorridente, l’annunciatrice
che gli annunciava
“i nostri programmi riprendon domani”
e urlò “sì, domani
mia splendida diva”
e il freddo e la fame
già più non sentiva
abbiamo trasmesso:
prima o poi l’amore arriva

C’era un supergenerale
di superpolizia
arrestava e sparava
per difendere, diceva,
la democrazia
se l’era rinchiusa
e portata via
ma un giorno in un blitz
in un covo sul mare
catturò una giovane
extraparlamentare
e personalmente
la volle interrogare
e alla fine lo videro
che piangeva
lei non lo voleva
e lui le diceva
“ma non senti il fascino
della divisa?”
“La divisa è un bijou”
lei rispondeva
“ma quello che fa schifo
è che ci sei dentro tu”
e lui fece tanti blitz
ma non era più lui
e non si divertiva
e ai suoi carabinieri
gridava “At-tenti
vigilare, in riga
sparategli a vista
è un’erba cattiva”
prima o poi l’amore arriva

E c’era un uomo
che voleva esser morto
perché nella vita
tutto gli era andato storto
scornacchiato, disoccupato
mangiò sei buste di talco borato
un chilo di Vim
duemila Rim
trecento fette di sottilette
e arrivò l’ambulanza
che già delirava
e già per spacciato
l’avevano dato
ed ecco la vide
e di colpo sentì
un brivido dentro
e all’istante guarì
com’era carina, la crocerossina
che con un sorriso
diceva “riposi è ben fortunato
si è proprio salvato
stanotte ritorno
a provarle la febbre
che l’è tutto rosso
mi tolga la prego le mani di dosso”
ma quello già tutto
bruciar si sentiva
non era il febbrone
era proprio passione
e tutto il reparto
di urli riempiva
“dottore dottore
prima o poi l’amore arriva”

C’erano dei maniaci
luridi e laidi
che si eccitavano
guardando Heidi
e un giorno in un parco
dove facevano i porci
videro due gemelle
così belle, così belle
che in tre minuti finirono
le caramelle
e dissero basta
con le perversioni
si sposarono in chiesa
e per testimoni
i quattro bruti bruti di più
vestiti in cravatta
e impermeabile blu
e il prete diceva
“beato chi lascia
la vita lasciva
prima o poi l’amore arriva

E c’erano uomini con un lavoro sicuro
e donne con le case ordinate
e una piazza dove le sere d’estate
ci si sdraiava insieme ad aspettare
un’attesa un qualcosa un altro aspettare
e tutte le notti
un fantasma appariva
e in tutta la piazza tuonar si sentiva
“o voi che credete che indifferenti
e rassegnati invecchierete, contenti
che non c’è una bocca che vi può ferire
o una foto sul muro che non vi fa dormire
non c’è niente da fare
non si può scappare! guardate
è dietro! vi guarda goloso
chissà da quanto lui vi seguiva
vi prenderà! non c’è scampo!
vi ha preso! evviva! evviva!
prima o poi l’amore arriva”

 

Stefano Benni, Prima o poi l’amore arriva

 

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L’acchiappatore nella segale

– Sai quella canzone che fa «Se scendi tra i campi di segale, e ti prende al volo qualcuno»? Io vorrei…

– Dice «Se scendi tra i campi di segale, e ti viene incontro qualcuno», – disse la vecchia Phoebe. – È una poesia. Di Robert Burns.

Lo so che è una poesia di Robert Burns.

Però aveva ragione lei. Dice proprio «Se scendi tra i campi di segale, e ti viene incontro qualcuno». Ma allora non lo sapevo.

– Credevo che dicesse «E ti prende al volo qualcuno», – dissi. – Ad ogni modo, mi immagino sempre tutti questi ragazzini che fanno una partita in quell’immenso campo di segale eccetera eccetera. Migliaia di ragazzini, e intorno non c’è nessun altro, nessun grande, voglio dire, soltanto io. E io sto in piedi sull’orlo di un dirupo pazzesco. E non devo fare altro che prendere al volo tutti quelli che stanno per cadere dal dirupo, voglio dire, se corrono senza guardare dove vanno, io devo saltar fuori da qualche posto e acchiapparli. Non dovrei fare altro tutto il giorno. Sarei soltanto l’acchiappatore nella segale e via dicendo. So che è una pazzia, ma è l’unica cosa che mi piacerebbe veramente fare. Lo so che è una pazzia.

J. D. Salinger, Il giovane Holden (The Catcher in the Rye)


Se una persona incontra una persona

che viene attraverso la segale

se una persona bacia una persona

deve una persona piangere? 

Stagista perché

C’è sempre quella manciata di cfu (crediti formativi universitari, o anche: la morte) che ti manca per completare il quadro del fottuto pds (piano di studi, o anche: l’INFERNO) e che non sai mai come dovrebbero essere coperti. Ti piazzano lì quei 2, 4, 6   – la cifra cambia di corso in corso – di aaf (altre attività formative, o anche: maccheccazz…?) e nessuno che ti sappia dire cosa mai dovrebbero significare, cosa dovresti fare, ma soprattutto perché. Quest’anno i 6 crediti che mancano sono classificati come “avviamento al mondo del lavoro”, il che significa che se vuoi laurearti sarebbe bene che andassi a cercarti uno stage o tirocinio rigorosamente non retribuito che copra almeno 150 ore di attività, letto, sottoscritto e approvato dalla facoltà. L’alternativa è seguire uno o più laboratori universitari (il numero dipende dal valore in crediti sonanti), di quelli a numero chiuso perché se siamo in più di dieci giustamente non è un laboratorio di esercitazioni ma un corso come tutti gli altri.

Quest’anno io mi sono mossa per tempo. Era solo ottobre quando mi sono messa in moto per capire dove raccattare questi pochi, maledetti (ma non certo subito) crediti. Potevo scegliere tra due alternative, entrambe con lati positivi e negativi: lo stage è obiettivamente più interessante, fa curriculum e soprattutto consente di uscire finalmente fuori dalle aule e fare un po’ di esperienza, ma trovarne uno è uno sbattimento senza pari (non sembra, ma oggi le aziende non ti vogliono neanche gratis, soprattutto le case editrici), fa perdere un sacco di tempo, è potenzialmente un peso che rallenta l’università e manco ti pagano. Il laboratorio è più comodo (ammesso che si riesca a iscriversi in tempo), basta andare in facoltà come al solito e scrivere qualche relazione, e alla fine non fa neanche media… però ci sono dei contro che possono essere riassunti in un’espressione breve ed efficace: e che palle. Insomma, bisognava fare una scelta. E io ovviamente ho scelto….

Entrambi. Dopo aver passato due mesi a mandare curricola, ho iniziato prima di Natale uno stage in una casa editrice romana, mentre al secondo semestre seguirò il laboratorio del mio relatore (il motivo per cui lo seguo, come avrete capito, è racchiuso nella parola relatore.)

La casa editrice è questa qui. Pubblica una rivista culturale e letteraria, Storie, ma ormai lavora prevalentemente online, tra il sito e Facebook. Tempo fa seguii un loro corso di scrittura a distanza, e non andò male. E anche ora la mia occupazione è scrivere, cosa che non mi dispiace. Insomma, tutto questo per dire due cose:

1. ma perché  mi complico la vita?

2. Questi sono i post del mio sacco: se vi piacciono (o almeno se non vi fanno proprio schifo schifo) laiccate. Poi se volete laiccate anche la pagina Facebook di Storie, ma soprattutto condividete, condividete, condividete. O anche no; del resto, se avete dubbi sul valore di una che scrive “laiccate”, non posso che darvi ragione.

Eve Arnold, una delle prime reporter in mostra a Torino

I testamenti dei grandi scrittori: Shakespeare, Francis Drake e Jane Austen

Jules Verne: un manoscritto inedito ritrovato a Nantes

Apollinaire censurato (di nuovo) in Turchia

David Foster Wallace, la sua vita diventa un film

Kurt Vonnegut: da dove prendo le idee? Dal disgusto per la civiltà.

Guardalì che ti mettono come bibliografia d’esame i professori, a volte.

«Il linguaggio è una pelle: io sfrego il mio linguaggio contro l’altro. È come se avessi delle parole a mo’ di dita, o delle dita sulla punta delle mie parole.»

Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso.

(Sicuramente qualcuno non sarà d’accordo con me, ma leggere questo libro -bello, eh- in periodi speciali come quello che sto vivendo, cheforseedicoforsemainsommamisachemistoinnamorando, ecco, secondo me non è poi così salutare. Però posso sbagliarmi, semmai poi vi dico.)

Di cose in sospeso e gente che si ricorda il mio nome

Tempo fa mi ero ripromessa di completare le cose lasciate in sospeso su questo blog. Ecco, stasera, giusto perché andare a letto ad un’ora decente per una volta mi sembrava brutto, ho deciso di mantenere le promesse.

Come forse qualcuno ricorderà, qualche mese fa sono riuscita finalmente ad andare a Più libri più liberi, la fiera della piccola e media editoria, e mi è piaciuta moltissimo. Sono stata chiusa lì un’intera domenica, a parte una puntata al McDonald’s alle tre del pomeriggio (nei dintorni il più vicino ma soprattutto il più economico per le tasche studentesche, mie e dell’amico che mi ha sopportato per tutto il pomeriggio mentre lo trascinavo per stand e incontri).  Fuori il freddo e il vento, dentro i colori e le voci, e il timbro sulla mano per quando si esce e si rientra. C’era anche lo stand della Bao, ovvero la casa editrice di Zerocalcare, ed è precisamente lì che mi sono piazzata in fila per farmi firmare La profezia dell’Armadillo dall’autore, il quale, ovviamente, lo ha fatto a modo suo.

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Trattasi del Porta-Spade di Damocle, che i lettori della Profezia ben conoscono. Me lo ha disegnato in due minuti su mia stessa richiesta (disegnava qualsiasi cosa gli chiedessero, ed era meglio che lo facessero, perché non aveva la forza di inventare alcunché), infilato in un angolo della scrivania dello stand, mentre rispondeva alle domande di un’intervistatrice seduta praticamente per terra, incastrata tra lui e la parete, armata di registratore e di buon equilibrio. Quando gli ho chiesto quel soggetto ho temuto che fosse troppo lungo e complicato, considerato che stava facendo due cose contemporaneamente e che avevo una folla di gente in attesa che mi premeva alle spalle. Ma lui ci ha pensato un po’ su e ha detto no no, se po fa’, e così è andata.

(Susa’, io me conserverei pure i resti della gomma da cancella‘ è stato il commento del mio amico, che condivido).

Ma questo non è l’unico incontro fatto quel giorno, perché mentre ero davanti allo stand della Sellerio mi passa davanti un tipo con occhiali e pizzetto dall’aria vagamente familiare. Il tipo entra nello stand, saluta, dopodiché si mette, ebbene sì, a vendere i libri. Era Marco Malvaldi, autore toscano di libri gialli dall’accento irresistibile e dal sorriso gentilissimo, di cui io avevo appena comprato l’ultimo libro, Milioni di milioni.

OLYMPUS DIGITAL CAMERAAbbiamo passato una decina di minuti a chiacchierare, finché non lo ha chiamato qualcuno della casa editrice. Lui ha voluto che gli dessi del tu, e ha voluto sapere il mio nome. Qualche ora dopo, ripassando davanti allo stand con il mio amico, l’ho trovato ancora lì. La fiera era quasi finita e stavamo per andarcene tutti. Ah, Susanna! mi ha detto (sono rimasta di stucco. Sarà che sono sempre ammirata dalle persone che riescono a ricordare i nomi degli altri, al contrario di me) e mi ha presentato la moglie. È stato così cortese e simpatico che mi ha dato l’impressione che saremmo potuti andarci a prendere un caffè come se ci conoscessimo da tempo, e forse avremmo potuto farlo davvero, ma stava andando via e tutto sommato la faccia tosta a volte mi manca totalmente. Ma se dovessi incontrarlo per le strade di Pisa glielo offrirei, quel caffè.

Nella giornata ci sono stati anche altri incontri: ho assistito alla presentazione del libro di Diaz, che è un argomento che mi sta a cuore, ho riso alle poche battute di Zoro che capivo, dato che parlava di calcio, e ho cercato di andare ad ascoltare Camilleri, ma la folla era tale da riempire la sala e il corridoio antistante. Così mi sono ritrovata seduta in una piccola stanza con poca gente ad ascoltare Concita De Gregorio che presentava un libro di favole per bambini. L’autore, Andrea Satta, che è un musicista ma anche un medico, ha raccolto le voci di mamme e padri provenienti da tutto il mondo, come si possono trovare nella sala d’aspetto di un ambulatorio di Roma. Raccontarsi fiabe è diventato per loro un modo per superare la diversità e l’isolamento, e per noi un viaggio nelle culture dei Pesi più disparati, che però, curiosamente, condividono spesso le stesse storie, pur se in forme diverse. Il libro si chiama Ci sarà una volta e ancora non l’ho letto, ma mi sono innamorata della storia che gli sta dietro e delle storie che ho ascoltato, quindi lo farò presto. E per la cronaca, sapete che quando la De Gregorio legge le fiabe fa anche le voci dei personaggi?

Poi, ancora, ho girato tanti stand, sfogliato libri, chiacchierato, provato ebook reader, preso montagne di segnalibri bellissimi e volantini colorati. Quando sono uscita era notte ed ero stanca morta, ma avevo i miei bravi timbri sulle mani, i miei libri e tutto il resto. Quest’anno ci tornerò e mi organizzerò molto meglio, anche se la cosa più difficile, in fondo, è stata una: controllare la tentazione quasi irresistibile di spendere tutto lo spendibile. Andare a queste cose fa male, eh. Siete avvisati.