Il mio mood da un anno e mezzo a questa parte, in estrema sintesi, è stato per la maggior parte del tempo questo:
(che poi, non ci vuole niente a sostituire “2013” con “2016”)
Il mio mood da un anno e mezzo a questa parte, in estrema sintesi, è stato per la maggior parte del tempo questo:
(che poi, non ci vuole niente a sostituire “2013” con “2016”)
“Come stai?”
È la frase d’esordio nel mondo che ho intorno.
Che cosa vuoi che dica? Di cosa vuoi che parli?
Di com’è grande il mare quando non sai nuotare?
Di come navigare al rallentatore?
[Ma.]
Forse dentro me cambiano le cose.
Dentro al mio giardino nascono le rose.
Se non ti spaventerai con le mie paure
un giorno che mi dirai le tue troveremo il modo di rimuoverle.
In due si può lottare come dei giganti contro ogni dolore
e su di me puoi contare per una rivoluzione.
Tu hai l’anima che io vorrei avere.
«Non lo merito.»
«Io a questa cosa del merito non ci credo.»
Sono in arresto cardiaco
In perenne arresto cardiaco
Sto lì, in attesa di soccorso
Poi qualcuno mi vede là stesa
Si avvicina, mi guarda
E defribilla
Mi pompa il sangue nel corpo, mi infila a forza aria nei polmoni
Mi ri-anima
E il cuore riprende a battere
Ancora un po’, ancora un po’
Prima rapido, forte
Poi rallenta, rallenta ancora
Si inceppa, inciampa
I battiti si incastrano, tremano
E io torno a cadere
E il cuore si spaventa, si blocca
E il respiro si mozza, si raggela
E io sono in arresto cardiaco
Torno all’arresto cardiaco
Stesa, il respiro corto
Vivo in arresto cardiaco
In attesa del giorno in cui
tornerà qualcuno
a ri-animarmi
Finché il mio cuore non avrà imparato a battere da solo.
Sapete? Viviamo in un’illusione, in un’enorme bugia. La bugia è che noi siamo padroni del nostro destino. Che abbiamo il pieno controllo delle nostre vite.
Che se ci impegniamo, se seguiamo certe regole, se assumiamo determinati comportamenti, se diamo retta alle persone giuste, se – ognuno ha il suo se, le sue linee guida, i suoi valori, chiamateli come vi pare, le sue vere e proprie ricette da propinare anche agli altri, in alcuni casi – insomma, se facciamo così e così possiamo dire: io sono padrone del mio destino. Io voglio questo e questo e sto lavorando per ottenerlo. Io ho le possibilità, le potenzialità per fare della mia vita quel che voglio. Posso sbagliare, posso cadere, ma l’importante è rialzarsi, è ricominciare, è lottare. Sono io che costruisco la mia vita, io e nessun’altro.
Ebbene, sì. Vero. Sei tu che decidi, tu che fai scelte, che ti poni obiettivi, che lavori, che cambi, eccetera. Sei tu che un giorno decidi di partire, cambiare Paese, sceglierti il posto dove abitare e stravolgere la tua vita per viverla davvero e non solo vivacchiare. Per amare più liberamente, anche.
E magari arrivi a 45 anni che sei realizzato, amato e stai bene perché hai ottenuto quel che volevi. Arrivi a 45 anni che non rimpiangi niente, o ben poco. Che quando torni in Italia è solo per rivedere qualche amico o parente che non vedi da un po’, per raccontare quanto sono lunghi i tramonti lì dove ti sei trasferito, e com’è bello e freddo l’oceano quei giorni in cui chiudi il negozio e parti sulla moto senza progetti. Arrivi a 45 anni e una volta fai le due di notte ad organizzare il viaggio di una ragazza poco più che ventenne che vuole venirti a trovare, lo dice sempre, e allora vi mettete insieme a studiare le offerte dei voli, e le dici dai, fai venire tutti, ho tanto posto.
Poi arrivi a 45 anni. E ti viene diagnosticato un tumore talmente invasivo e feroce che ti cambia inesorabilmente la vita e in un anno esatto ti porta via.
E nell’ultima foto che ti scattano hai i capelli grigi, tu che una volta li avevi nerissimi, e grigi anche gli occhi, anziché azzurri e bellissimi. Però sorridi. Anche se forse lo sai, lo percepisci, che molto tempo non ce n’è, perché a quella ragazza che ti chiede quanto torni rispondi che l’Italia non la vedrai più, se non in foto. Però continui a dirle si, dai, venitemi a trovare.
E invece quella ragazza quell’aereo non l’ha più preso. Non l’ha mai preso. E sarà sempre uno dei più grandi rimpianti della sua vita.
E quindi no, non è vero che noi abbiamo il controllo delle nostre vite. Noi non abbiamo il controllo di un bel niente. Noi abbiamo l’illusione, questo si.
Possiamo usare quel che abbiamo, possiamo fare delle scelte; anzi, dobbiamo farlo. Dobbiamo vivere e quindi continuare a combattere, porci degli obiettivi, prendere delle decisioni. Ma nonostante quello che ci hanno insegnato, nonostante quello che continuano a inculcarci da tutta la vita, noi non siamo onnipotenti. Non ci sono regole che ci garantiscono la felicità, o anche solo la sopravvivenza. Continuiamo a lottare con i fantasmi, perché ci siamo illusi di avere il controllo, di essere gli unici responsabili della nostra vita, e che a tutto ci sia rimedio, per tutto una spiegazione. Poi ci si para davanti quel che non possiamo comprendere né tantomeno accettare e affondiamo, tentando di aggrapparci a quelle che erano certezze, tentando di fuggire da noi stessi per non dover guardare in faccia la realtà.
E quindi no, non siamo padroni del nostro destino. Forse l’unica cosa di cui siamo padroni è proprio questa: scegliere come vogliamo porci di fronte alla vita. Per quanto mi riguarda, vorrei rinunciare alle illusioni e andare all’essenziale. Prendere quel che viene senza tentare di controllarlo, ma avendo come unico imperativo amare e lasciarmi amare più che posso.
E prendere qualche aereo in più.
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