Settembre, 1

Fuori piove.

Nostalgia non so bene di che.

Sorrisi strani, un po’ malinconici, un po’ misteriosi.

Leggerezza ubriaca, che danzando sulle punte mi attira verso solitudini interiori.

Ho freddo sulla fronte. Me ne accorgo solo quando ci appoggio la tazza ancora calda del tè che ho appena bevuto. Che strano sabato, così sospeso.

Credo di essermi innamorata – platonicamente, però.
Di chi (o di cosa) dovrei saperlo, ma non è poi così scontato.

E così c’è questa gioia triste che non so bene come interpretare – all’ossimoro non si sfugge e me lo tengo.

Il mio agosto è finito e inizia settembre, il mese delle decisioni, dei propositi, delle partenze. Degli inizi, appunto.

Ma fuori non piove, a ben vedere, non ancora: c’è solo un cielo grigio e un vento fresco.

 

 

Nota a margine: il 16 agosto di quest’anno Castelli in Aria ha compiuto 5 anni. Anche se quando è nato aveva un altro nome. (Non importa, sono sempre io). Quando me ne sono accorta sono stata molto sorpresa. Cinque anni non sono mica pochi, anche se sono passati sparando scemenze. Per festeggiare, auguro a tutti quelli che transitano da queste parti di non dimenticare mai di costruire i propri castelli in aria, che non sono utopie irrealizzabili bensì i nostri desideri, le nostre aspirazioni, i nostri Sogni con la S maiuscola. Sono gli atti d’amore che compiamo verso noi stessi e verso la vita. Senza, appunto, non si è vivi.

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Ho baciato Max Gazzè

Vorrei dire che questo musicista qui mi piace assai, è molto bravo, è pure simpatico, suona e canta che è un piacere proprio e poi è pure poeta. E soprattutto, non mi ha mandato a quel paese quando a fine concerto (che in realtà era una jazz session, che a me il jazz boh, ci capisco poco e dopo un po’, sarà una blasfemia, ma m’annoia pure, però stavolta no, perché stavolta lui ha preso alcune sue canzoni più famose e ci si è divertito insieme agli altri musicisti, c’erano dei musicisti bravissimi, un pianista, un tastierista, un sassofonista anzi due però uno suonava pure il clarinetto ed è pure famoso, Stefano di Battista si chiama, e un batterista, e hanno riarrangiato le canzoni così, improvvisando, e son venute fuori delle cose bellissime, che io che ero pure arrivata tardi però stavo proprio sotto al palco perché capirai, era un concerto al paese, pure gratis, gratis hai capito!, Max Gazzè sotto casa, senza spendere un soldo e senza troppa gente tra i piedi, questo è culo, e stavo sotto al palco anche se ero arrivata tardi, ma tanto prima c’era un’altra cantante che per carità sarà brava ma proprio non mi interessava, e insomma ero là e me la sono goduta tutta, e l’ho studiato tutto il tempo che a volte fa ridere come si muove, e fa ridere anche per come parla, insomma è divertente, e pure bravo certo, e si è divertito pure lui, lui suona il basso sapete, e io stando così vicino che quasi gli potevo stringere la mano ho fatto un po’ di foto e anche qualche video, per far sentire a chi non c’era, e per risentirmi anche da me, che roba che stava facendo venire fuori da quelle canzoni, ma brevi i video perché non mi andava di vedere il concerto attraverso lo schermino della fotocamera, e alla fine si è anche scaricata e quindi le canzoni più belle neanche le ho riprese, ma magari è stato meglio così perché me lo sono goduto tutto fino alla fine compreso il bis, bellissimo) a fine concerto dicevo, sono passata dietro al palco, senza neanche problemi, che la sicurezza in questi concerti di paese che te lo dico a fare, io abituata a Roma che è tutto blindato, invece stavolta è bastato aggirare le transenne, per giunta sotto al naso dei Carabinieri, ed eravamo lì e dicevo che non mi ha mandato a quel paese quando gli ho chiesto una foto, e poi gli ho stretto la mano e l’ho abbracciato e baciato, e gli ho detto bravo, e per fare tutto questo c’era quella sigaretta che proprio non riusciva a fumarsela per starmi appresso, e non mi ha mandato a quel paese nemmeno quando l’ho seguito – ebbene sì – nel gazebo dove teneva la custodia del basso e gli ho lasciato il biglietto da visita del ristorante dei miei, hai visto mai!, e lui all’inizio pensava gli volessi offrire da mangiare proprio lì in quel momento, o che lo volessi invitare a cena che ne so, magari gli capitano ‘ste cose che la gente dopo i concerti lo invita a cena, e mi diceva ma no, grazie, ho cenato, poi devo ripartire per Roma, e io no guarda ti volevo solo lasciare il biglietto, al che lui non solo non m’ha cacciato ma anzi ha preso il biglietto e mi ha chiesto dove era questo posto, e gliel’ho spiegato, e mi ha detto grazie, e sembrava cortesemente interessato e sorrideva però poi è arrivato l’altro musicista, quello che suona sia il sassofono che il clarinetto, che ci ha detto se potevamo lasciarli soli, dovevano parlare, e allora siamo andati via, ma se fosse stato per lui no, e magari faceva anche finta e non vedeva l’ora che ci levassimo dai piedi ma se è così non ce l’ha fatto proprio vedere, e adesso mi piace anche più di prima perché io pensavo che fosse una persona gentile e simpatica e forse, probabilmente lo è davvero e questo è bello.

E un’altra cosa bella è che Max Gazzè, con tutto che non è proprio sconosciuto e fa concerti e tante cose e vende dischi, a lui se gli chiedono di andare in un paesello sperduto a fare una jazz session in un prato a entrata libera in una domenica sera di agosto, in uno dei pochi buchi dal tour che ha, beh lui dice si.

(Che poi magari non è vero e l’hanno dovuto convincere e si è pentito e gli ha fatto schifo o l’ha fatto solo per fare un favore all’amico musicista che stava per tagliarsi le vene all’idea di fare sta serata davanti a quattro persone e due bancarelle, ma insomma è anche bello pensarla come la dico io. Hai visto mai.)

Agosto

In questi giorni io leggo -a ondate successive, diciamo-, lavoro senza troppa convinzione ma con lena, mi sveglio con il mal di gola, rimprovero il cane perché abbaia ai gatti, mangio quantità spropositate di yogurt magro e non so perché, cammino a piedi nudi per casa, parlo incessantemente ma solo nella mia testa, navigo un po’ su internet poi mi stufo e il portatile mi fa caldo, sfoglio i libri incerta su come quando dove perché studiare, scatto qualche foto, accarezzo il gatto, sbircio il tramonto per vedere com’è questa volta, sudo e sono contenta di sudare, alimento il mio odio per il digitale terrestre che sgrana quando c’è il film che voglio vedere, e scado comunque frequentemente nel turpiloquio ogni qualvolta la tv è accesa, ho un rapporto conflittuale con il telefono sia quando squilla che quando è muto, mi ostino a fare un po’ d’ordine, continuo a mettere crema sulle mani desiderando una pelle meno sensibile ai saponi, però poi me le lavo, poi ce la rimetto, poi me le rilavo…

Ecco.