Non ho molta voglia di scrivere, ultimamente. Ve lo dico perché magari non lo avevate capito. Mi piace parlare chiaro, ammé.
Però il blog arretrato fa tristezza. E poi il mio egocentrismo mi spinge inesorabilmente a sbrodolare addosso al prossimo tutti i dettagli della mia trascurabile esistenza, e dopotutto sto blog a che serve sennò? E quindi.
Quindi tempo fa scrissi che c’erano delle novità a proposito della mia tesi, che ci stavo ancora lavorando nonostante mi fossi ormai laureata. Parliamo di tre mesi fa, ma io me la prendo comoda – anzi, comodissima – quando non ho scadenze. Se non sono sotto pressione, io, non combino niente. Mi servono le minacce. Comunque, ci ho lavoricchiato su sta tesi, davvero poco perché dovevo modificare due scemenze, e adesso è pronta. Testo definitivo, rilegatura definitiva, non ci si mette più mano. Il mio relatore ha visto, sottoscritto e approvato. Mi ha dato l’indirizzo e sommarie indicazioni su come dovrei scrivere la lettera d’accompagnamento – mi mandano in crisi, ‘ste cose, e dire che scrivere dovrebbe essere l’ultimo dei miei problemi.
Ma insomma, che ci devo fare con questa tesi? Presto detto: a breve (cioè quando avrò messo insieme una lettera che non faccia schifo) la copia riveduta e corretta con tanto di rilegatura in seta verrà spedita al direttore del Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati, ovvero il principale centro di studi su Giacomo Leopardi al mondo. Questo centro iperspecializzato ha una biblioteca in cui vengono raccolte tutte le pubblicazioni degne di nota su Leopardi di cui si abbia notizia ed è frequentata da studiosi italiani e stranieri (o almeno, così dicono). Insomma: il mio relatore vorrebbe che la mia tesi venisse inserita in questa biblioteca, e quindi io, fiduciosa, invio. Inutile dire che è un onore, soprattutto perché è una tutto sommato misera tesi di triennale, scritta in pochi mesi da una che fino a qualche anno fa di Filologia non aveva neanche sentito parlare e ancora oggi è ben lungi dall’essere un’esperta di Leopardi. Non sono una studiosa, né una professoressa e continuo ad essere sinceramente perplessa di fronte alla faccia soddisfatta del mio relatore, ma mi fido di lui, che non è propriamente l’ultimo venuto; per cui procedo – e già immagino il mio plico rosso infilato nell’angolo più remoto dello scaffale più alto a prendere polvere per i prossimi decenni, o in alternativa usato come zeppa per il tavolo. Ma già quello sarebbe tanto (Non crederai mai a quello che sto per dirti! La mia tesi su Leopardi in questo momento sai dov’è? Infilata sotto la gamba del tavolo del portiere del Centro Nazionale di Studi Leopardiani! Ma ti rendi conto?) Insomma, sono contenta. Anche se non la dovesse leggere nessuno all’infuori del direttore (soprattutto perché il direttore in questione è – manco a dirlo – uno dei maggiori studiosi italiani di Leopardi e lo cito più volte anche nel mio lavoro), è una notizia di quelle adesso telefono a tutti e lo scrivo sui muri. E infatti la mattina in cui mi fu comunicata procedevo a balzelloni mentre parlavo al telefono con la mia mamma, che lì per lì non aveva propriamente afferrato la portata della cosa.
lamiamamma: Ah, ma quindi ci devi lavorare ancora… (tono sconsolato da “povera figlia mia”).
me: Mamma… ma chissenefrega?! Hai capito quello che ti ho detto?…
Aveva colto solo il lato “altro lavoro da fare per lei” della cosa. Strano come funzioni la testa delle mamme, a volte.
E questa era la famigerata notizia che dovevo dare ormai da mesi.
Nel frattempo però ho fatto anche altro. Essendo una dottoressa disoccupata in attesa di capire, fra l’altro, cosa fare della propria vita, ho pensato che almeno fosse il caso di tenersi impegnata per non stare in casa a fare la muffa. Già, ma cosa sto facendo quindi? Lo scopriremo nella prossima puntata di Cose che (non) sto facendo, la fiction estiva di Castelli in aria. A presto – spero.