Dite quel che volete del sublime miracolo di una fede senza dubbi, ma io continuerò a ritenerla una cosa assolutamente spaventosa e vile.
Kurt Vonnegut, Madre Notte.
Questo è l’unico dei miei racconti di cui io conosca la morale. Non è una morale meravigliosa, non credo; si dà soltanto il caso ch’io sappia di quale morale si tratti: noi siamo quel che facciamo finta di essere, sicché dobbiamo stare molto attenti a quel che facciamo finta di essere.
La mia esperienza personale con i traffici e gli imbrogli dei nazisti è stata molto limitata. (…) Dopo un po’ venne la guerra e io mi ci trovai dentro; fui preso prigioniero ed ebbi modo di vedere un po’ di Germania, dall’interno (…) Potei andare in una città, Dresda (…) Si trattava probabilmente di una città “aperta”, che non poteva essere attaccata, visto che non ospitava né centri di raccolta delle truppe, né industrie militari.
Tuttavia la notte del 13 febbraio 1945 (…) alti esplosivi vennero sganciati su Dresda da apparecchi inglesi e americani. Non c’erano obiettivi particolari per le bombe. (…) Altre bombe furono sganciate per trattenere i pompieri nelle loro tane (…) E in un attimo: tempesta di fuoco. Tra parentesi, fu il più colossale massacro di tutta la storia d’Europa. Ah sì, e allora?
(…)
Suppongo che se fossi nato in Germania, sarei stato nazista, e avrei massacrato ebrei, zingari e polacchi, lasciando sporgere i loro stivali dai cumuli di neve, riscaldandomi all’idea della mia segreta virtù. Così è la vita.
C’è un’altra morale, evidente, in fondo a questo racconto, ora che ci penso: quando sei morto, sei morto.
E ancora un’altra me ne viene in mente adesso: fai all’amore quando puoi. Ti fa bene.
Iowa City, 1966.
Dall’Introduzione dell’autore.